di Ilaria Tesi
Con il suo “Fratelli – Viaggio al termine dell’Africa” (Castelvecchi, 2021), Jacopo Storni ci regala uno dei più appassionanti ritratti del Continente Nero, una storia di amicizia e di riscatto, quella che andrà in scena questo pomeriggio, a Palomar Casa della Cultura alle 17.30 a San Giovanni, in occasione della presentazione di questo bel libro, uno spunto in più di riflessione, un punto di vista originale, sul complesso rapporto tra l’Europa e l’Africa, fra il nord e il sud del mondo.
Due realtà agli antipodi, che due settimane di prigionia in Ogaden metteranno a confronto: da una parte c’è Jacopo, figlio dell’Occidente e giovane giornalista di 27 anni che vuole indignare il mondo mostrando il vero volto della crudeltà dei massacri dell’esercito etiope. Dall’altra c’è Mohamed, coetaneo e suo interprete, nato in una stamberga nelle campagne africane senza bagno né elettricità. Il loro viaggio insieme dura poco meno di mezza giornata: subito fermati e trasferiti. Prigionieri. Nel momento più buio, Jacopo e Mohamed trovano l’uno nell’altro la forza per esorcizzare il terrore che ti assale tra celle e campi militari sorvegliati da soldati armati. Ne nascono riflessioni sul senso della vita e della morte, sulle ingiustizie, su Dio, sul vero senso della felicità e sul mondo, visto da due prospettive diverse. Finalmente senza pregiudizi.
Oltre a un viaggio geografico, quello di Jacopo si rivela anche un percorso alla scoperta di se stesso attraverso il confronto con l’altro, con Mohamed e con una parte dell’Africa che lasciano un prezioso insegnamento all’autore che fa ritorno a casa ammaccato, ma felice che sia lui che il suo compagno di prigionia se la siano cavata. O almeno così crede. Perché anche a distanza di anni dopo la liberazione, la notizia che l’amico non è mai stato rilasciato non lascia certo indifferenti. Torturato per alcuni giorni, Mohamed fugge in Somalia come richiedente asilo. Ed ecco tornare a galla il ricordo, il desiderio di riabbracciare il vecchio compagno di cella, nella speranza di trovarlo per portarlo a vivere in Italia, riscattandolo da un presente e un passato terribili.
Un sogno che l’autore insegue per tutta la seconda parte del libro, una volontà che si scontra con le enormi difficoltà di una ricerca disperata. Il tutto attraverso la consapevolezza di una missione, quasi, una chiamata divina, la voce di un racconto interiore intrecciato alle vicende di Mohamed. Commovente, quindi, ma anche animato da un fervido ottimismo, la speranza di rimettere a posto ciò che il destino pareva aver scombussolato, anche laggiù, anche quassù, al nord, al sud, ovunque si respiri finalmente un’aria di giustizia.