Arriva al teatro comunale di Cavriglia “Lo stato delle cose – 16 marzo 1978, via Fani”, la piéce liberamente tratta dal libro “Gli eroi di via Fani”, scritto da Filippo Boni e edito da Longanesi. Lo spettacolo, in programma sabato 27 aprile alle 21.30, è stato scritto da Federico Vigorito, David Marzi e Teresa Cecere della compagnia Senza Confine e per la prima volta verrà presentato in Toscana.
Il 16 marzo 1978, in via Fani a Roma, le Brigate Rosse rapirono Aldo Moro e uccisero i cinque uomini della sua scorta: Oreste Leonardi, Domenico Ricci, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera e Francesco Zizzi, due carabinieri e tre poliziotti. Per decenni le attenzioni di storici e giornalisti si sono incentrate sulle figure dei terroristi, a cui sono stati dedicati articoli, libri, dibattiti e interviste, mentre le vittime venivano trascurate se non del tutto dimenticate. Il lavoro di Filippo Boni e in seguito la rappresentazione messa in scena ne “Lo stato delle cose” raccontano le toccanti storie di vite umili, ma piene di sogni e di affetti, restituendo così verità e memoria a quei corpi prima trucidati e poi dimenticati e, al tempo stesso, componendo uno straordinario affresco di un’Italia semplice e vera, che resistendo alle atrocità della storia si ostina a guardare al futuro.
Si legge nelle note di regia: “Ci siamo ritrovati attorno ad un tavolo con Filippo Boni. Un’ora di chiacchierata in cui Filippo ci ha raccontato il suo libro, il suo viaggio, suo padre, la storia. Eravamo in lacrime. Eravamo travolti. Questo evento ha totalmente scompigliato il nostro punto di vista e il nostro ruolo di operatori dello spettacolo. Ci si pone spesso, da registi, nella condizione di dover ‘tirare fuori’ un concetto, un messaggio, da una storia o un testo. Stavolta no. Dovevamo stabilire, con coraggio, quanto fossimo noi, disposti ad entrarci dentro. Da interpreti e autori dovevamo, come Filippo, innamorarci di quelle cinque vite e perderci senza ritrovarci. Dovevamo creare un non luogo e un non tempo. Un universo sospeso. Come la memoria fallace di chi ha dimenticato quelle vite, quegli eroi. Da qui, l’idea di lasciare appesi gli oggetti appartenenti a Oreste Leonardi, Raffaele Iozzino, Giulio Rivera, Domenico Ricci e Francesco Zizzi. Cose. Non poteva bastare, però. Le storie dei cinque agenti di scorta tornate vivide grazie al romanzo di Filippo. La sua storia non poteva essere lasciata sullo sfondo. Il libro doveva diventare personaggio. Diventare passaggio di testimone nelle nostre mani, mostrandolo e leggendolo, senza però rinunciare al rapporto diretto col pubblico. Così, oltre a sospendere il tempo e gli oggetti, abbiamo deciso di sospendere lo stile. Reading, prosa, narrazione, radiodramma, inchiesta. Il lavoro è stato un arduo labirinto di scelte. Cosa tenere, cosa lasciar andare. Ogni storia, un significato, un innamoramento, un ricordo da tenere in piedi. Fino alla fine. Fino al presente. Per non dimenticarli”.