di Roberto Bertoncini e Ilaria Tesi
“Guardavo il telegiornale e giorno dopo giorno mi dicevo: ma noi, che facciamo?”. Messo di fronte alle terribili immagini che arrivavano dall’Ucraina, Filippo Bianchi poteva tranquillamente prendere il telecomando e cambiare canale. Invece lui, valdarnese che nella vita si definisce “un semplice impiegato”, ha scelto di non voltarsi dall’altra parte, bensì di partire con l’ultimo viaggio organizzato dal Comitato Ukrain-Aid Valdarno, la Caritas di Montevarchi e la Fraternità della Visitazione di Piandiscò dando il proprio contributo insieme ad altri volontari per portare qua da noi una ventina di profughi che avevano trovato rifugio in uno dei campi d’accoglienza polacchi vicino al confine ucraino.
“Non è la prima esperienza di guerra che faccio, già nel ’93 ero andato in Jugoslavia e spinto da questo ricordo mi sono detto devo partire – racconta Filippo – Ho cercato così il canale giusto per arrivare là, ma capito che l’emergenza non riguardava coperte o cibo, ma portare via i profughi da quel posto, ho cercato di organizzarmi rivolgendomi alla Caritas di Montevarchi e a don Mauro, chiedendo cosa potevo fare. Dopo un paio di giorni mi ha chiamato Graziano Bocci del Comitato Ukrain-Aid e così siamo partiti”.
La carovana formata da tre furgoni gentilmente messi a disposizione si è così messa in viaggio due settimane fa – dal 24 al 27 marzo – verso il confine polacco-ucraino, contando sul posto del supporto di alcuni contatti frutto della precedente trasferta fatta dalla comunità montevarchina di Nuovi Orizzonti. Lì, poi, l’estenuante tentativo per guadagnare la fiducia delle persone e convincerle che per loro una possibilità c’era ancora. “Sono stato in giro per tre giorni, in tre diversi centri d’accoglienza – prosegue Filippo – A Korczowa, a due chilometri dall’Ucraina, ho passato un’intera notte a convincere queste persone che la proposta di aiuto che portavamo era vera. Nei campi profughi assistevamo a un flusso continuo di circa 2500 persone al giorno, soprattutto donne e bambini. Se possibile parlavamo in inglese, altrimenti chiedevamo l’aiuto degli interpreti che sono sul posto e traducono in ucraino o russo”.
Una notte snervante per Filippo, trascorsa insieme al suo compagno di viaggio Marco Lanini, ma d’altronde è comprensibile la diffidenza di chi, scappando dai missili, si vede tendere inaspettatamente una mano. Con la sua rete solidale il Comitato Ukrain-Aid infatti garantisce a ogni profugo un sostegno a lungo termine, su più livelli: a partire da quello sanitario con le vaccinazioni anti covid, quello burocratico per i permessi di soggiorno e documenti fino all’inserimento a scuola dei bambini. “Abbiamo portato venti profughi, il più piccolo ha quattro mesi e la più grande ha circa 60 anni. Oggi so che sono ben accolte, ma chiaramente psicologicamente distrutte, credo avranno bisogno di un tempo necessariamente lungo per ritrovare una sorta di equilibrio interiore. Per me è stata un’esperienza forte, incontrare quegli occhi tra Polonia e Ucraina ti segna in maniera particolare: abbiamo visto migliaia e migliaia di donne e bambini attraversare il confine e fermarsi in questi campi avendo con sé poco più di una valigia di plastica, pensando se avranno modo un giorno di rivedere i loro padri e mariti, insieme alla propria casa e la propria terra”.
Finora sono stati due i viaggi organizzati dal Comitato Ukrain-Aid che hanno permesso di consegnare aiuti ai campi profughi in Polonia e di portare in Valdarno ventuno minori e undici adulti, suddivisi poi tra famiglie, istituti religiosi, comunità e associazioni. “Bisogna sapere cosa serve e come gestire l’emergenza – spiega Graziano Bocci, presidente del Comitato – È una rete che unisce diverse realtà: dai cittadini alla Comunità Nuovi Orizzonti, passando dalla Caritas di Montevarchi e di San Giovanni, dalle parrocchie fino alla Fraternità della Visitazione a Piandiscò. Insieme riusciamo a fare cose che da soli, altrimenti, non potremmo”.
Una grande macchina della solidarietà che cerca di offrire in maniera organizzata e concreta un supporto ai profughi, che portano i segni della guerra. “Soffrono e si vede, persone che abbiamo qui da una settimana non fanno che piangere, tante volte di nascosto – prosegue Graziano – Finora abbiamo fatto due viaggi, il terzo è previsto il 23 di aprile. Prima di partire cerchiamo gli appartamenti e chi abbia la possibilità di poter ospitare. Per ora sta andando tutto bene, l’unica cosa che non va è che queste persone sono devastate, ovunque tu le metta sono infelici: aspettano che la loro vita ritorni a dei ritmi normali, mentre stanno vivendo un inferno”.
Chi volesse offrire il proprio aiuto può farlo in due modi: il primo segnalando la propria disponibilità nell’accoglienza rivolgendosi al 338 1526049, oppure donando un contributo economico all’iban IT63A0881171600000000033927, conto presso la Banca del Valdarno intestato a Comitato Ukrain-Aid.