La Regione Toscana ha notificato nella giornata di ieri, giovedì 31 gennaio, il ricorso contro il Decreto Legge Sicurezza. Tra le oltre sessanta amministrazioni comunali che hanno chiesto alla Regione di opporsi anche per loro contro, figurano anche sei comuni valdarnesi: Bucine, Castelfranco Piandiscò, Figline e Incisa Valdarno, Reggello, Rignano sull’Arno e San Giovanni Valdarno.
La Toscana, insieme ad altre Regioni come Piemonte, Umbria ed Emilia Romagna, aveva per prima annunciato il ricorso alla Consulta contro il provvedimento del Governo all’inizio di gennaio. Il testo del documento, attualmente in via di trasmissione, ricorre contro la norma della Legge Salvini che abolisce i permessi di soggiorno per motivi umanitari (art. 1, decimo comma lettera B e ottavo comma del decreto, divenuto legge, 113 del 2018), su cui lo Stato ha titolo di intervenire, ma lede le competenze regionali e degli enti locali limitando l’erogazione di una serie di servizi di cui sono responsabili. È stato impugnato inoltre l’articolo 1, primo comma lettera F, che interessa i permessi di soggiorno per stranieri vittime di violenza ed è stata mossa, infine, opposizione anche per l’estensione del Daspo urbano ai presidi ospedalieri (art. 21, primo comma lettera A).
“E’ evidente come in questo modo si ostacoli il soddisfacimento di un nucleo di diritti fondamentali e universali che appartengono alla persona e già ribaditi da più sentenze – ha commentato il Presidente della Toscana, Enrico Rossi – oltre al fatto che c’è anche un problema di sicurezza, perché la cancellazione dei permessi umanitari sostituiti con ipotesi limitate di permessi di soggiorno speciali, l’impossibilità dei rinnovi per chi già ce l’aveva non oltre un ulteriore anno, creerà dei fantasmi nella nostre città, visto che non si potranno certo espellere tutti poiché l’Italia non ha accordi di rimpatrio con i paesi di provenienza”
“Si ledono e si incide anche – aggiunge l’assessore alla presidenza, Vittorio Bugli – sulle competenze regionali e dei Comuni, limitando la possibilità di continuare ad erogare ad esempio servizi, che da questi enti dipendono, in materia sociale e sanitaria, di istruzione e formazione professionale in tutti questi anni erogati. Per questo ricorriamo”.