All’indomani della decisione da parte di Bekaert di non prorogare la cassa integrazione sancendo così di fatto il licenziamento di 113 persone, i lavoratori e i rappresentanti sindacali della Fiom sono stati i primi stamattina a presentarsi di fronte ai cancelli dello stabilimento di via Petrarca. Grande l’amarezza per l’esito della vertenza, rabbia per come sono sfumati quasi tre anni di lotta.
“È finita purtroppo come noi, Fiom e Cgil, avevamo previsto: dopo l’accordo del 24 febbraio in cui la Regione ha consentito di firmare i licenziamenti in quella sede solo a fronte di 8 settimane di cassa integrazione che come visto non sono servite a niente, salvo a liberare l’azienda dai rapporti di lavoro”. Commenta così il segretario generale della Fiom di Firenze e Prato, Daniele Calosi. “Un atto grave che si consuma sulle spalle di persone che hanno portato avanti per 34 mesi questa vertenza da quel 22 di giugno – prosegue – L’essere arrivati fino a oggi è grazie alla loro determinazione, che ha portato pure alla reintroduzione della cassa integrazione per cessazione di attività per tutti i lavoratori italiani, fino ad arrivare questi lavoratori nell’assenza totale di proposte serie per la reindustrializzazione alla costituzione di una cooperativa che aveva presentato l’unico vero piano industriale di cui il governo e a quanto ci risulta neanche l’azienda e l’advisor hanno preso in considerazione. Oggi c’è una situazione di chiusura le cui responsabilità sono chiare e soprattutto c’è una responsabilità politica enorme della Regione Toscana che ha consentito che c’ho avvenisse”.
“È uno stato d’animo di rabbia, tanta rabbia – commenta Marcello Gostinelli, uno dei lavoratori della fabbrica – Si continua a dire che è colpa della Bekaert: qui ci sono delle responsabilità da parte della multinazionale, certo, ma anche di chi governa questo Paese e il territorio. C’è una responsabilità oggettiva da parte della Regione quando quel 24 febbraio, con Fim e Uilm, hanno firmano la morte di questo stabilimento. Nessuno dei sindaci del territorio o i consiglieri comunali ha espresso una parola contraria a quell’accordo. Oggi è inutile per loro venire a piangere al capezzale Bekaert, oggi solo io ho diritto di stare davanti a questo cancello. Questa è la rabbia più grossa: basta dare colpe alla Bekaert, i padroni da che mondo e mondo vanno a fare profitto, i responsabili sono chi consente loro di fare questo e che lasci i lavoratori in mezzo a una strada. La politica italiana e del territorio, in questo caso la colpa è di loro: qui in tre anni nessuno è stato in grado di fare qualcosa per i lavoratori della Bekaert che sono stati in prima linea fin dal primo giorno mettendosi in gioco sia come esposizione sia come risorse economiche. Oggi qui rimane una bomba ecologica che con tutta probabilità rimarrà sulle nostre spalle e che saremo noi cittadini a dover pagare”.
Dopo l’assemblea di fronte allo stabilimento, il gruppo di lavoratori si è diretto verso il municipio di Figline dove il sindaco di Figline e Incisa Giulia Mugnai ha incontrato nella sala del Consiglio comunale una delegazione degli ex dipendenti Bekaert.