“Vogliamo una soluzione industriale seria, che garantisca non solo a noi lavoratori, ma anche alle nostre famiglie e alla comunità intera un futuro di lavoro e dignità”. È questo quanto emerge da una lettera aperta che un centinaio di lavoratori dello stabilimento Bekaert di Figline hanno inviato alle istituzioni per portare nuovamente l’attenzione sul processo di reindustrializzazione del sito di via Petrarca.
Nella lettera il gruppo di lavoratori ripercorre la grave vicenda che ha colpito la fabbrica, una storia contraddistinta da “violenza morale e psicologica che abbiamo vissuto quel 22 giugno 2018, guardie private all’interno dello stabilimento, lettere di licenziamento che arrivano alle nostre famiglie contestualmente alla comunicazione della direzione aziendale ‘chiudiamo definitivamente lo stabilimento di Figline'”.
“Dal quel giorno sono passati mesi, anni, abbiamo sofferto, abbiamo gioito quando è stata reintrodotta la cassa Integrazione per Cessazione, abbiamo sperato di fronte a possibili interessamenti di importanti aziende, oggi ci fa tremendamente paura l’indifferenza e l’abitudine che situazioni così non debbano trovare soluzioni” si legge nella nota, che prosegue sottolineando la necessità di trovare risoluzioni serie per il futuro dello stabilimento, rappresentate da eventuali progetti portati avanti da realtà industriali e non da altre opzioni discusse al tavolo ministeriale (escludendo di fatto quella della cooperativa Steelcoop, costituita da un gruppo di lavoratori).
“Ultimamente vediamo e leggiamo la dizione: lavoratori Bekaert per portare avanti soluzioni e richieste a noi sconosciute o semplicemente per noi non praticabili – prosegue la lettera – Nelle assemblee abbiamo sempre chiesto e poi ottenuto, tramite l’accordo del 3 ottobre 2018 siglato al Ministero, di poter cercare una reindustrializzazione stabile per il sito di Figline Valdarno, per questo crediamo che la strada da percorrere sia quella della ricerca di una reindustrializzazione basata su industriali che abbiano competenza delle lavorazioni possibili all’interno del sito ed una conoscenza dei mercati e dei clienti, ma anche consapevoli delle criticità degli stessi, dovuta alla forte concorrenza sui prezzi dei prodotti, della materia prima e della necessità continua di investimenti su ricerca e sviluppo. Altri tipi di soluzioni, accennati in alcune riunioni presso il Ministero dello Sviluppo economico non ci interessano perché non sarebbero in grado di dare nessuna risposta alle problematiche descritte sopra”, concludono i lavoratori.
A rispondere alla nota ci hanno pensato i deputati di Forza Italia, Stefano Mugnai e Maurizio D’Ettore, che hanno evidenziato come “il Ministero dovrebbe avere tutti gli elementi per dare delle risposte sul piano industriale considerate le istruttorie già svolte. Sulla vicenda industriale opera anche un “advisor”, che dovrebbe avere, altrettanto, tutti gli elementi per rispondere e fornire il necessario supporto ai fini decisionali. La Vostra precisa ed ulteriore segnalazione si riferisce ad un settore industriale dove la materia prima è particolarmente costosa ed il mercato fortemente selettivo; di conseguenza, qualsiasi progetto industriale sarebbe qualificato dalla presenza di una azienda siderurgica come partner necessario.”
“Condividiamo, e lo abbiamo detto pubblicamente da tempo e più volte, anche tramite atti di sindacato ispettivo presentati alla Camera dei Deputati, che ogni soluzione pratica debba essere volta a dare reali opportunità per il mantenimento e lo sviluppo di quote di mercato per i prodotti dello stabilimento di Figline e, quindi, di garanzia dei livelli occupazionali – aggiungono – Al contempo, siamo consapevoli della complessità della vicenda industriale in oggetto, ma ribadiamo che appare necessaria la massima prudenza e senso di responsabilità quando si ipotizzano soluzioni che prefigurano, ad esempio, la ricapitalizzazione finanziata con i tfr dei lavoratori.”
In chiusura, D’Ettore e Mugnai confermano la propria disponibilità per ogni iniziativa “ritenuta necessaria e opportuna per affrontare ancora, ed, auspichiamo, in termini risolutivi, la grave crisi industriale apertasi quasi due anni fa. Due anni di attesa, due anni di purgatorio sono lunghi, sono davvero troppi. ”