Emergono ulteriori risvolti nell’ambito di “Ursula”, l’operazione condotta dalla Guardia di Finanza che nel dicembre del 2020 ha portato alla misura cautelare degli arresti domiciliari per un imprenditore valdarnese. I finanzieri della compagnia di San Giovanni hanno portato avanti gli accertamenti sul caso, arrivando a ricostruire la base imponibile sottratta a tassazione ai fini delle imposte sui redditi: ben 1.7 milioni di euro usciti dalle “casse” di quattordici società che lo stesso indagato amministrava attraverso dei prestanome.
Alle Fiamme Gialle, infatti, non era sfuggito l’alto tenore di vita dell’imprenditore e dei propri sodàli, non giustificato dagli esigui redditi di lavoro dichiarati. Un lavoro di ricostruzione risultato molto complesso, sia per il numero delle aziende coinvolte che per il vorticoso giro di fatture false emesse; è grazie a quest’ultime che i finanzieri hanno potuto rilevare come il principale indagato attingeva somme dalle società in cui però non aveva alcun incarico o ricopriva alcun ruolo legale. Simulando pagamenti o giroconti infra-societari, anche verso l’estero, alcuni dei proventi sono stati spesi, tramite assegni o in contanti, per scopi personali ovvero per l’acquisto di abbigliamento di lusso, riconducibili a note griffe internazionali, e di dispositivi elettronici di ultima generazione.
Al termine delle indagini di polizia economico-finanziaria, è stata disarticolata un’associazione per delinquere, composta da 7 soggetti, dedita alla commissione di reati fiscali, societari e fallimentari che, complessivamente, attraverso le società “cartiere” o “fallite”, ha sottratto a tassazione redditi per oltre 14 milioni di euro. Le investigazioni condotte testimoniano la particolare attenzione che il Corpo riserva alla tutela dell’economia legale, contrastando l’azione degli operatori economici disonesti, soprattutto in questo periodo di marcata crisi, causata dalla pandemia in atto.