È un’operazione di respiro nazionale quella portata a termine dagli investigatori del nucleo operativo e radiomobile della compagnia dei carabinieri di San Giovanni Valdarno che ha permesso di disarticolare un gruppo criminale dedito al furto di auto di lusso in tutto il centro Italia. Nel corso delle indagini infatti sono stati censiti diversi colpi in provincia di Arezzo e in altre provincie della Toscana e dell’Emilia Romagna, con i militari dell’Arma che hanno scoperto movimenti da parte della banda anche in Abruzzo, Marche e Umbria.
Tutto parte da un episodio risalente al 4 dicembre 2020 a Faella, frazione di Catselfranco Piandiscò, quando un gruppo di malfattori si era introdotto all’interno dello stabilimento di una pelletteria locale gestita da un imprenditore originario di Figline. I soggetti, incuranti della presenza di alcuni dipendenti e del circuito di videosorveglianza, sono riusciti a rubare una macchina di fascia alta – una Range Rover Sport dal valore di 70mila euro – a bordo della quale erano fuggiti a grande velocità verso le colline del Chianti.
Immediate le indagini del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di San Giovanni Valdarno, che si sono trovati però sin da subito di fronte ad una difficoltà inaspettata. Sebbene l’autovettura trafugata fosse dotata di impianto di localizzazione gps interrogabile anche da remoto, sui monitor non vi era alcuna traccia della Range Rover Sport. O meglio, la traccia c’era, ma si interrompeva dopo poche centinaia di metri, per scomparire nel nulla. Impossibile, quindi, localizzare la posizione dell’autovettura rubata. Evidente indizio che gli autori del furto fossero un gruppo organizzato di professionisti, muniti di apparecchiature sofisticate, appositamente programmate per inibire i segnali radio e gps. Si tratta dei cosiddetti “jammer” – o semplicemente disturbatori di frequenze – strumenti utilizzati per impedire a telefoni cellulari o a comandi a distanza di ricevere o trasmettere onde radio, o anche per la clonazione dei codici delle centraline elettroniche (apparecchiature che le leggi italiane e di molti Paesi europei ne consentono l’uso solamente alle forze di polizia o esclusivamente per scopi militari).
Coadiuvati dai colleghi della stazione di Castelfranco Piandiscò, i carabinieri sangiovannesi hanno concentrato gli sforzi nell’esecuzione di indagini “classiche”, incentrate su un minuzioso sopralluogo sulla scena del crimine, sull’analisi delle immagini immortalate dai circuiti di videosorveglianza dello stabilimento e degli esercizi limitrofi, sulle indicazioni riguardanti le targhe delle autovetture utilizzate, desunte anch’esse dalle telecamere presenti sul territorio e dall’escussione dei testimoni. La svolta nelle indagini è stata rappresentata dall’individuazione dell’autovettura utilizzata dai malfattori per recarsi sul luogo del delitto, e per allontanarsene una volta trafugata l’autovettura presa di mira. Gli accertamenti sugli utilizzatori dell’auto hanno portato gli investigatori a concentrare i propri sforzi tra la parte sud della provincia di Roma e la provincia di Latina.
Una volta avuto lo spunto iniziale, le successive investigazioni si sono sviluppate utilizzando tecniche investigative classiche, tra cui in primis l’analisi dei tabulati di traffico telefonico e delle celle radio-base, nonché servizi di osservazione, controllo e pedinamento degli indagati. Il complesso delle attività investigative ha così consentito di arricchire il quadro indiziario, oltre che sul furto di Faella, su svariati altri colpi. Tutti accomunati dal medesimo modus operandi, e tutti aventi ad oggetto autovetture sportive di grossa cilindrata: perlopiù Range Rover Sport (in 4 dei casi ricostruiti), ma anche Audi Q-5 e Bmw x-6.
Nei giorni scorsi uno degli indagati, sottoposto a perquisizione veicolare, era stato trovato in possesso di un disturbatore di frequenze, comunemente detto “jammer,” e di un “inverter” di corrente per la sua alimentazione, confermando così la tesi degli investigatori riguardo lo spessore delinquenziale del gruppo criminale, costituito da 3 soggetti, tutti originari del basso Lazio, veri e propri trasfertisti professionisti del crimine, dotati delle competenze tecniche necessarie all’utilizzo di dette apparecchiature per clonare i codici centralina e per impedire la localizzazione gps delle autovetture rubate. L’odierna operazione, condotta sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Arezzo, ha portato i Carabinieri della Compagnia di San Giovanni Valdarno a notificare due provvedimenti di obbligo di dimora nei confronti di due dei principali indagati, nei confronti dei quali sono stati ravvisati gravi indizi di colpevolezza in ordine alla commissione dei furti. I due d’ora in poi non potranno uscire dal territorio dei comuni di Ardea (RM) e di Cisterna di Latina (LT), ove risiedono. Il terzo indagato è stato invece destinatario di un decreto di perquisizione, finalizzato ad incrementare ulteriormente il quadro indiziario.