di Riccardo Nocentini
Il Valdarno come tema politico
In senso etimologico “politica” rimanda a polis, occuparsi della città, di quelli che sono i temi fondamentali per la vita dei cittadini. Valdarno oggi in questi mesi, a partire dall’intervista al Presidente Giani (maggio 2023), ha posto l’attenzione sulle opportunità che si aprono a seguito degli investimenti in corso di realizzazione, legati anche al PNRR, su infrastrutture, scuole, sanità, cultura, turismo e sviluppo economico. Insieme è stato evidenziato un territorio fragile. Nel numero di novembre 2023 il montevarchino Michele Mufano, dirigente ISPRA, ha analizzato come in 16 anni siano stati consumati 255 ettari di suolo e nel numero di dicembre veniva sottolineato come nel Valdarno siano stati tombati circa 21 km di corsi d’acqua (dati della Regione Toscana sul geoportale della difesa del suolo). Questi sono due fatti che rendono più alto e immediato il rischio idrogeologico in una vallata già attraversata dall’Arno e dai suoi affluenti senza che siano completati i necessari lavori di messa in sicurezza.
Il Valdarno si sviluppa dove precedentemente c’era un lago, la natura ne definisce i confini. La sua particolare conformazione deriva dall’ampio lago che, in epoca preistorica, sorgeva sul suo attuale territorio. Nel tempo, il lago riuscì ad aprirsi un varco nella zona settentrionale, prosciugando il bacino e lasciando dietro di sé una vasta zona pianeggiante, interamente solcata dall’Arno, e un altopiano che arriva a 250-30 m.s.l.m.
Forse dovremmo partire proprio da questo dato originario per capire il territorio di oggi. I comuni del Valdarno, fiorentino e aretino, sono una realtà omogenea e integrata da un punto di vista sociale, culturale ed economico, sono già oggi un’unica città diffusa all’interno della quale i cittadini abitano, si muovono, studiano, fanno sport, lavorano, comprano e costruiscono le proprie famiglie. Quando saranno completate le infrastrutture la vicinanza tra le persone sarà ancora maggiore e questo migliorerà ulteriormente la qualità delle relazioni. Nel numero di novembre 2023, il Consigliere regionale Benucci, parlava del completamento del secondo lotto della variante in riva destra dell’Arno, da Ciliegi a Matassino fino alla strada degli Urbini e al ricongiungimento con la nuova viabilità nella provincia di Arezzo. Il traffico così eviterà i centri abitati e i cittadini valdarnesi saranno più vicini. Con la variante in riva destra d’Arno da Incisa (casello) a Montevarchi Terranuova (casello) ci vorranno poco più di 10 minuti e non avrà più alcun senso, se mai ce l’ha avuto, parlare di due “Valdarni”, fiorentino e aretino.
In un interessante documento predisposto da Irpet (Istituto regionale di programmazione economica della Toscana) del febbraio 2023 dal titolo “Il tessuto economico e occupazionale del Valdarno quadro conoscitivo di supporto”, viene evidenziato che da un punto di vista amministrativo i comuni del Valdarno si dividono tra la provincia di Arezzo e la città metropolitana di Firenze, mentre dal punto di vista produttivo sono classificati da Regione Toscana come un unico distretto industriale delle pelli, del cuoio e delle calzature, in ragione della forte specializzazione in questi settori manifatturieri. Il Valdarno è un’area caratterizzata da un tessuto economico differenziato e dinamico, favorito anche da una posizione strategica al centro della Regione, ben collegata sia all’area fiorentina che a quella aretina e senese. Irpet attraverso lo strumento dei sistemi locali del lavoro (SLL), che identificano mercati del lavoro omogenei, ci fornisce il quadro reale di cosa sia il Valdarno e dove tende, al di là di come sia istituzionalmente suddiviso. Ci fornisce il punto di partenza per capire cosa sia il Valdarno a partire dagli spostamenti casa lavoro, dove viviamo e dove lavoriamo. Osservando le dinamiche del pendolarismo per motivi di lavoro viene articolata l’area del Valdarno Superiore in due sottoinsiemi di comuni, quelli appartenenti al sistema locale del lavoro (SLL) di Firenze, e quelli invece del sistema locale di Montevarchi. Pur essendo contigui geograficamente i primi risultano attratti dal capoluogo regionale, mentre i secondi tendono a gravitare verso Montevarchi. Il sistema locale di Montevarchi (comuni del Valdarno aretino) vede il 79% di spostamenti interni casa lavoro per i propri residenti e il rimanente in gran parte si sposta verso Firenze (14%), la parte che va verso Arezzo è residuale (3%). I comuni del Valdarno fiorentino hanno spostamenti interni del 55% e un importante 39% invece si reca a Firenze (vedi figura n.1). Insomma il Valdarno ha un proprio tessuto economico e sociale, è una realtà autonoma che tende, comunque, verso Firenze.
Per rendere la realtà del Valdarno coerente con contesto istituzionale l’obiettivo di “grande politica” dovrebbe essere quello di far convergere i municipi attuali verso due fusioni dei comuni, chiamiamole Valdarno Superiore nord e Valdarno Superiore sud, integrate per quanto riguarda i servizi e le infrastrutture, e collocate nella Città metropolitana di Firenze.
Hanno gli amministratori dei comuni valdarnesi e i candidati in vista delle elezioni del 9 giugno il coraggio di confrontarsi con questi fatti e trasformarli in obiettivi? O almeno aprire una discussione sui temi fondamentali per la vita della vallata Credo che per articolare un ragionamento sia utile partire ponendosi tre domande: 1) Quale è l’identità del Valdarno? 2) Dove va il Valdarno? 3) Quali sono le scelte politiche che possono essere messe in campo?
- Quale è l’identità del Valdarno?
Fra il Duecento e il Trecento avvenne la graduale, ma decisa, acquisizione della vallata da parte di Firenze, con conseguente annessione del Valdarno nel suo contado e distretto. Da quel momento, la storia del Valdarno Superiore seguì quella del Comune dominante, e l’interesse politico ed economico per questo territorio fu sottolineato attraverso la promozione di vivaci mercatali (Figline, Montevarchi) e la fondazione delle “terre nuove” (Castelfranco di Sopra, S. Giovanni, Terranuova). L’unitarietà della vallata venne riconfermata successivamente, nel 1408, con l’istituzione del Vicariato del Valdarno Superiore con sede a S. Giovanni. Gli interventi dei Medici prima e dei Lorena poi sono alla base dell’assetto del territorio (con la definitiva canalizzazione del fiume Arno) e della moderna organizzazione dell’agricoltura, inizialmente strutturata in grandi fattorie e che, in un secondo tempo, vide anche la diffusione di una piccola e media proprietà terriera.
Il territorio del Valdarno ha una identità originaria che si manifesta, pur nel variare delle condizioni storiche, secondo modalità riconoscibili. La comprensione di questa identità profonda aiuta a capire la vicenda territoriale e a delineare, con maggiore consapevolezza, gli scenari futuri. Si tratta di un’identità che evolve, si ridefinisce per costruire il futuro avendo la consapevolezza di ciò che siamo e di ciò che facciamo. L’identità di un territorio è la sua capacità di fare e di creare lavoro.
Oggi il principale legame tra le due anime del Valdarno Superiore risiede nel tessuto economico, nella forte specializzazione produttiva dell’area, ossia la manifattura incentrata sulla produzione di oggetti di pelletteria e calzature. La vocazione manifatturiera del Valdarno Superiore è confermata dal peso degli addetti nei macrosettori dell’economia locale (analisi IRPET precedentemente citata febbraio 2023). A fronte di una Toscana prevalentemente terziarizzata, con il 68% dei dipendenti impiegati nei servizi sia pubblici che privati, il Valdarno ne conta il 57% e la differenza rispetto al dato regionale è assorbita quasi interamente dalla manifattura, che impegna il 30,3% degli occupati, 10 punti in più rispetto al livello regionale, corrispondenti al 6% dell’intero settore in Toscana. La prevalenza degli addetti è infatti concentrata nella fabbricazione di articoli in pelle e nelle confezioni, che vedono la presenza di grandi marchi della moda assieme ad un tessuto diffuso di imprese in conto terzi. Questa struttura si rispecchia nella variabile dimensionale, che conta una decina di grandi imprese con più di 100 addetti a cui si affiancano numerose micro e piccole imprese: le prime assorbono circa il 40% degli addetti totali, mentre il restante 60% si distribuisce in unità di dimensione inferiore. Nonostante la presenza di rilevanti crisi aziendali (Bekaert, Cotto Pratigliolmi, Erre Società cooperativa e B&G Produzioni Srl) l’economia del Valdarno Superiore si mostra dinamica in termini occupazionali, in ragione di almeno due fattori chiave. Il primo risiede nella capacità del distretto delle pelli, del cuoio e delle calzature, insieme a tutto il suo indotto, di assorbire lavoratori, tra i quali anche una buona rappresentanza di Under 35. Il secondo consiste nella differenziazione produttiva, che vede la presenza di settori a più alta intensità tecnologica come la farmaceutica, la meccanica di precisione e l’ICT. Il Valdarno si caratterizza oggi anche per la presenza di una piccola e media impresa metalmeccanica ad alta precisione e per la presenza di aziende di alto valore tecnologico e innovativo. Pensiamo alla straordinaria storia della Zucchetti centro sistemi (software, robotica, fotovoltaico, intelligenza artificiale) del valdarnese (Bucine) Fabrizio Bernini raccontata da Filippo Boni nel libro “Qualsiasi cosa accada” o al progetto di economia circolare (fotovoltaico, idrogeno verde, bio metano, vertical farm e fish farm) nell’area ex Pirelli, ideato e coordinato della GE group del figlinese Federico Parma, una storia ancora da scrivere, ma con presupposti di grande genio. Inoltre nel Valdarno c’è anche una grande vocazione turistica non utilizzata in tutte le sue potenzialità perché siamo collocati nel cuore della Toscana e in stretto legame con Firenze.
- Dove va il Valdarno?
La risposta a questa domanda richiede di analizzare il contesto istituzionale del Valdarno. I comuni come li abbiamo conosciuti fino ad oggi non reggono per dimensioni, non hanno più la capacità economica e nemmeno l’adeguata quantità e specializzazione di personale per risolvere i problemi e rilanciare la crescita delle nostre comunità, non hanno forza competitiva. Figline e Incisa, Castelfranco e Pian di Sco’, Laterina e Pergine sono diventati comuni unici e questo è un primo passo sulla giusta strada, un passo che rende anche più unito il Valdarno. Se i nostri comuni, da soli, non ce la fanno più, diventa necessario mettere insieme le forze.
Nel numero di ottobre di Valdarno oggi, Paolo Ermini parla di “fantasma della città metropolitana” ed aggiunge che fare la città metropolitana richiede uno “scatto culturale”, andare oltre il proprio orticello (porta l’esempio di Campi e Firenze sullo stadio o sulla pista dell’aeroporto). Vero ancora di più se consideriamo come dopo l’approvazione della legge Delrio (n.56/2014), il tema sia rimasto in mezzo al guado a seguito della bocciatura della riforma costituzionale nel dicembre 2016. In Senato la prima Commissione Affari Costituzionali sta esaminando un testo congiunto su “Nuova disciplina in materia di funzioni fondamentali, organi di governo e sistema elettorale delle Province e delle Città metropolitane e altre disposizioni relative agli enti locali”. Il testo è stato presentato in commissione il 6 giugno del 2023 e il 4 luglio, sono stati presentati in Commissione 171 emendamenti, di cui 53 dalla maggioranza. Il disegno di legge si è arenato e non viene più discusso in Commissione, anche se c’è una sostanziale condivisione verso il ritorno a un metodo elettivo per il governo di province e città metropolitane aumentando le funzioni in materia ambientale, di polizia locale e come stazioni appaltanti per le gare del proprio territorio. Non è invece sciolta la peculiarità delle città metropolitane, in cosa si possano distinguere per essere elemento di promozione del territorio da un punto di vista economico e istituzionale. Qui sta il tema del piano strategico del territorio metropolitano capace di indirizzare l’esercizio associato di funzioni esercitate da comuni e unioni dei comuni con una pianificazione territoriale che coordini strutture di comunicazione, reti dei servizi e infrastrutture metropolitane integrando mobilità e viabilità, promozione economica e sociale. Questo nodo non è risolto e non c’è da sperare che venga affrontato prima delle prossime elezioni amministrative. Rimarrà molto probabilmente in letargo, fino a quando la politica non prenderà atto che nelle città metropolitane si produce il 40 % del PIL nazionale e nei paesi più avanzati dell’Europa e non solo rappresentano percentuali ancora maggiori. Nelle città metropolitane si concentra il miglior capitale umano e la possibilità di investire in conoscenza. Fare sistema sul capitale tecnologico, questo significa occupazione e valore.
Le città metropolitane sono previste nella Costituzione, ci sono ed hanno la possibilità di competere in contesti europei e internazionali, ma il progetto operativo non ha preso campo. Le norme necessarie non sono mai arrivate, ma arriveranno. Per questo la domanda che il Valdarno si deve porre è ancora più pertinente: vuole aspettare Godot oppure decidere quale sia la sua collocazione naturale e anticipare quello che arriverà?
Le città metropolitane possono essere il valore aggiunto per promuovere lo sviluppo. A livello territoriale possono anche essere il contesto istituzionale per coordinare le politiche intercomunali e superare la frammentazione istituzionale in maniera da rendere più facili e soprattutto più efficaci le decisioni politiche. Inoltre sono il luogo dove si possono pensare politiche di sviluppo urbano che tengano insieme governo del territorio e semplificazione amministrativa, così da attrarre maggiori investimenti. L’obiettivo di fondo è superare la frammentazione per rendere più efficaci le decisioni politiche, più efficiente la macchina istituzionale e migliori i servizi per i cittadini.
La città metropolitana deve essere un ambito adeguato alla gestione dei servizi, che permetta la migliore aderenza tra la morfologia e i bisogni dei vari territori da una parte, e le decisioni politiche dall’altra. Deve essere ricercata una coerenza tra confini reali della comunità da governare (morfologia del territorio, storia e sviluppo economico e sociale) e quelli istituzionali degli organi che prendono le decisioni politiche. Adeguare territorio reale a quello istituzionale.
Il Valdarno (con i suoi 13 Comuni attualmente divisi tra le Provincie di Arezzo e Firenze) rappresenta una dimensione territoriale unica, in un rapporto stretto con Firenze e la sua dimensione metropolitana. Vanno promosse quelle sinergie necessarie tra cultura, struttura economica, contesto sociale e tradizioni presenti nell’area e che oggi risultano frammentate e quindi inadeguate a rispondere alle aspettative ed ai bisogni delle comunità interessate. Del resto in passato lo scambio tra il “contado” e la città di Firenze ha fornito i suoi frutti. Firenze è stata grande perché grandi sono stati i territori dai quali sono arrivate, oltre che risorse economiche, anche personalità fondamentali per l’Umanesimo, nell’arte, nella letteratura e nella filosofia: Masaccio, Poggio Bracciolini, Marsilio Ficino e Benedetto Varchi avevano in comune la nostra vallata.
Il punto è costruire il contesto istituzionale all’interno del quale la realtà del Valdarno possa sviluppare le proprie potenzialità e cogliere le chance per la propria crescita e per il miglioramento della vita dei cittadini.
- Quali scelte politiche?
Cosa ne pensano i candidati a sindaco nei vari comuni del Valdarno? La classe politica dei comuni valdarnesi ha il dovere di essere ambiziosa e andare oltre i vincoli, anche di normative regionali, di oggi, costruendo una visione che guardi al futuro della nostra vallata. Un’agenda potrebbe essere suddivisa in quattro punti:
1) A livello di assetti istituzionali nel Valdarno potrebbe essere pensato un percorso verso un’unione dei comuni, un nuovo ente che potrebbe gestire alcuni servizi. Sicuramente questo potrebbe essere un ambito ottimale di gestione per le politiche educative, il sociale, la polizia municipale e il governo del territorio. In questo contesto potrebbe essere elaborato un piano urbanistico del Valdarno, almeno nella parte più strutturale e generale, successivamente anche per quella più operativa e localizzata. Da una unione dei comuni di tutto il Valdarno per la programmazione e gestione di servizi essenziali potrebbero nascere due percorsi di fusione, un unico Valdarno suddiviso in due comuni integrati e di significative dimensioni. Un’unica vallata costituita da due comuni.
2) Questo Valdarno unito dove tenderà? Penso che il Valdarno, per il legame storico, per gli spostamenti casa lavoro (analisi IRPET febbraio 2023), ma anche per lo sviluppo degli ultimi decenni, tenda verso Firenze, o meglio verso uno spazio metropolitano, un territorio urbanizzato e integrato, strutturalmente connesso sul piano infrastrutturale (autostrada, direttissima ferroviaria) sociale ed economico. Nella Città metropolitana fiorentina il Valdarno, integrato nei servizi e unito in due comuni, diventerebbe, per innovazione amministrativa e per numero di abitanti, la più importante area per peso politico.
3) Personalmente ho lottato affinché il Serristori rimanesse un ospedale per acuti, ma oggi i progetti e gli investimenti in corso di realizzazione vanno in un’altra direzione. La situazione che la si condivida o meno va governata. Il Serristori, oltre che per i servizi esistenti (dh oncologico, dialisi etc.) e per la chirurgia programmata, si configura attualmente come ospedale di continuità, un centro medico avanzato che prende in carico pazienti con codici a bassa intensità per alleggerire il pronto soccorso dell’OSMA e della Gruccia. Rimane il nodo, reso evidente con l’epidemia Covid, dell’investimento nella sanità territoriale (cure domiciliari e case della salute) e della sua integrazione con i percorsi socio sanitari (non autosufficienti e diversamente abili) e con il sistema socio assistenziale dei comuni. Insomma il tema di una zona distretto unica nella quale i comuni si possano consorziare con l’azienda sanitaria per organizzare una Società della salute del Valdarno e le Aziende USL possano integrare gli ospedali.
4) Sarò una voce del passato, ma c’è stato un periodo nel quale si discuteva e si tentavano progettualità in ambito economico e istituzionale. Con tutti i limiti del caso e gli indubbi errori, avevano questa funzione la “Valdarno sviluppo” e la “Fondazione Valdarno”. Quest’ultima, con l’Università di Siena, elaborò anche l’ipotesi di un Comune unico del Valdarno. Su questo giornale, nel numero di settembre 2023 l’Amministratore delegato di Pitti Immagine, Raffaello Napoleone, ci ha parlato del Valdarno come vallata strategica per la moda toscana, qui si trovano grandi marchi e piccola impresa (dicembre 2023). Distretto moda ma non solo, come abbiamo visto, è presente anche un tessuto produttivo a vocazione tecnologica e rete commerciale. La capacità competitiva di un territorio per esprimersi ha bisogno di coesione politica e istituzionale. Il quadro politico e istituzionale estremamente disorganico e frammentario rende il territorio meno competitivo. La competizione ormai si sviluppa per aree territoriali omogenee e il Valdarno nella città Metropolitana di Firenze rappresenterebbe una zona forte e, certo, non meno importante della piana fiorentina, dell’empolese, e delle più piccole Chianti, Mugello e Valdisieve. Deve essere creato un luogo di discussione dove tutti i comuni del Valdarno possano incontrare associazioni di categoria, sindacati, no profit e mondo del volontariato. Una sorta di stati generali del Valdarno con l’obiettivo di definire un protocollo di intesa suddiviso in traiettorie strategiche (assetti istituzionali, sanità e sociale, infrastrutture e sviluppo economico) da portare al confronto con la Regione Toscana.
Obiettivi ambiziosi forse apparentemente impossibili, ma ci sono persone nel Valdarno che in ambito culturale, sociale, istituzionale e imprenditoriale, hanno realizzato opere straordinarie. Proprio pensando a loro, dovrebbe tornare in mente la parte finale del saggio “Politica come professione/vocazione” del grande sociologo e filosofo Max Weber: “La Politica consiste in un lento e tenace superamento di dure difficoltà da compiersi con passione e discernimento al tempo stesso. È certo del tutto esatto, e confermato da ogni esperienza storica, che non si realizzerebbe ciò che è possibile se nel mondo non si aspirasse sempre all’impossibile. Soltanto chi è sicuro di non cedere anche se il mondo, considerato dal suo punto di vista, è troppo stupido o volgare per ciò che egli vuole offrirgli, soltanto chi è sicuro di poter dire di fronte a tutto questo: “non importa, andiamo avanti!”, soltanto quest’uomo ha la “vocazione” (Beruf) per la politica”.