“Cos’è la guerra?”. È da questa domanda, solo all’apparenza semplice, ma in realtà tremendamente complessa, che nasce l’idea dello spettacolo di Natale messo in scena ieri sera, martedì 17 dicembre, dalla Scuola dell’Infanzia parrocchiale Monte Tabor di Caselli – con il patrocinio dell’Amministrazione comunale e la collaborazione della Compagnia dell’Orsa – sul palco del Teatro Excelsior di Reggello. Un quesito a cui hanno cercato di dare una risposta i piccoli alunni dell’istituto raccontando le vite di due famiglie, una di Caselli e una di Damasco, che pur appartenendo a realtà così lontane, aspettano entrambe con trepidazione l’arrivo del Natale.
Che non è affatto uguale per tutti come hanno ben spiegato i bambini della Monte Tabor al pubblico in platea, fisicamente e idealmente separata a metà dal filo spinato che diventa un “vero” e proprio muro divisorio sul palcoscenico. Da una parte una famiglia come la nostra, che attende il Natale per staccare dal lavoro, dalla scuola e andare a sciare in settimana bianca; dall’altra persone che si ritrovano a fuggire dalla guerra e dalle bombe. Ed ecco che se da una parte di mondo si pensa all’ultimo ritrovato tecnologico da scartare sotto l’albero e da mostrare poi agli amici al ritorno a scuola, dall’altra si spera di ritrovare ancora una scuola, sempre che non sia stata buttata giù da un bombardamento.
Una storia semplice, da bambini, ma che non ha mancato di far riflettere i grandi, compreso il Vescovo di Fiesole, Monsignor Mario Meini, ospite d’onore in prima fila per assistere allo spettacolo. Il messaggio più bello è arrivato proprio sul finale: nonostante tutto, il Natale è comunque bello perché ci sono i bambini che, ovunque si trovino, saranno sempre capaci di renderlo magico, come un sogno. “Quali sono i vostri?” si è domandato un piccolo attore in scena. “Il mio il Lego dei Pirati”, “Io la bici nuova!” le risposte degli altri. “Io ho chiesto le armi ganze, così possiamo giocare alla guerra” ha aggiunto un altro ancora. “Giocare alla guerra? Non è un gioco, te lo posso assicurare!”. Proprio così. Ci volevano i bambini per farcelo capire.