“Ricavo”, è questo il nome scelto dai militari dell’Arma per la complessa operazione portata a termine alle prime luci dell’alba questa mattina. Ricavo come gli ingenti proventi derivati dall’attività illecita di spaccio che collegava l’Albania e il territorio valdarnese, sia come il nome della località nella frazione montevarchina di Levane dove era posizionato il quartier generale della consorteria investigativa. Un’attività di indagine lunga oltre due anni, iniziata nella primavera del 2018. Con i 9 provvedimenti odierni, salgono in tutto a 20 le misure restrittive nel tempo complessivamente eseguite; a cui si aggiungono gli 11 arresti in flagranza di reato già effettuati in precedenza (di cui 5 per spaccio di sostanze stupefacenti, e 6 per furto aggravato). Deferite in stato di libertà inoltre altre 13 persone, mentre sono state poste sotto sequestro 110 grammi di cocaina e 10 piante di cannabis.
I carabinieri del Comando Provinciale di Arezzo, con l’ausilio di unità cinofile, con la collaborazione di personale del Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia del Ministero dell’Interno e delle forze di polizia albanesi, su disposizione della Procura della Repubblica di Arezzo, hanno dato esecuzione a 9 misure cautelari – di cui 6 Ordinanze di Custodia Cautelare in carcere e 3 obblighi di dimora con permanenza domiciliare notturna – nei confronti di altrettanti soggetti gravemente indiziati, a vario titolo, per i reati di concorso continuato e aggravato in detenzione ai fini di spaccio di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti del tipo “cocaina” e “marijuana”. Contestualmente, anche avvalendosi dell’ausilio di unità cinofile per la ricerca di armi e di sostanze stupefacenti, sono stati altresì eseguite perquisizioni locali e personali nei confronti di 11 soggetti.
Le investigazioni, condotte dai militari della Compagnia di San Giovanni Valdarno coordinati dalla Procura della Repubblica di Arezzo, sono state avviate nella primavera del 2018. Bersaglio delle indagini sono stati dei soggetti – già noti per i loro trascorsi criminali – dediti allo spaccio di sostanze stupefacenti nel Valdarno, avvalendosi, per l’approvvigionamento delle stesse, di canali, perlopiù di nazionalità albanese, radicati in varie località della Toscana.
Le successive investigazioni si sono sviluppate utilizzando tecniche investigative classiche,tra cui in primis servizi di osservazione, controllo e pedinamento degli indagati, estremamente accorti e sovente dediti alla pratica di tecniche di pedinamento e di sorveglianza dei siti impiegati per la suddivisione, il confezionamento e lo spaccio e dello stupefacente. I carabinieri inoltre tramite l’espletamento di intercettazioni telefoniche ed ambientali-veicolari, nonché di video sorveglianza da remoto, sono riusciti a documentare le dinamiche interne del gruppo, anche laddove insorgevano dei contrasti legati alla qualità dello stupefacente, o al pagamento di alcune partite dello stesso. Quella che ne è emersa era una fiorente attività di spaccio, svolta “in favore” di una clientela abituale (10 le persone segnalate all’autorità amministrativa competente) consolidata, che si rivolgeva ai propri pusher di fiducia più volte al mese (anche con cadenza settimanale) e chiamandoli per nome sulle loro utenze cellulari.
I traffici si svolgevano perlopiù presso alcuni esercizi commerciali di San Giovanni Valdarno (una pizzeria) e di Levane (un bar), nonché presso una proprietà immobiliare del soggetto di vertice del gruppo, costituita da un complesso abitativo sorgente in un vasto appezzamento di terreno ubicato a Levane. In quest’ultimo caso, la disponibilità dell’immobile – ubicato in una zona isolata e difficilmente raggiungibile, servito sostanzialmente da un’unica strada d’accesso – ha rappresentato di per sé un ulteriore elemento di ostacolo per le investigazioni, in quanto consentiva agli acquirenti di avere sempre a disposizione un punto di riferimento, che potevano raggiungere senza necessariamente prendere un previo appuntamento telefonico e, data la posizione dominante del casolare, garantiva nel caso di controlli da parte delle Forze dell’Ordine la possibilità di attuare eventuali opzioni di fuga e di occultare gli stupefacenti nelle folte macchie di bosco all’interno dei vasti terreni della proprietà.