È una storia di umanità e di grande coraggio quella di Bista e Stella Nepi, due coniugi di Montevarchi diventati lo scorso aprile ‘Giusti tra le Nazioni’ – onorificenza ufficiale conferita dallo Yad Vashem, memoriale ufficiale di Israele, a tutte le persone non ebree che hanno agito in maniera eroica e disinteressata per salvare per salvare anche un solo ebreo durante il periodo della Shoah – per aver messo in salvo il giovane ebreo fiorentino Enzo Tayar dalle persecuzioni nazifasciste.
Una storia che questa mattina gli studenti delle classi quinte del liceo Varchi di Montevarchi hanno potuto ascoltare direttamente dalle parole dei parenti e delle famiglie coinvolte in questa vicenda di forte solidarietà e poi di amicizia. Un’iniziativa organizzata dalla scuola in collaborazione con l’amministrazione comunale di Montevarchi, coordinata dall’ex dirigente scolastico Nedo Migliorini, la preside Chiara Casucci e la figlia di Enzo, Jane Tayar, che ha portato la testimonianza del padre raccolta nel libro da lui scritto e intitolato “1943 – I giorni della pioggia”. Presenti tra il pubblico anche i rappresentanti della famiglia Nepi, con la signora Bruna (nipote di Bista e Stella) e la signora Cristina Foxall in Grove, nipote dei coniugi Nepi e figlia di Jim Foxall, il soldato inglese salvato anche lui da Bista e Stella.
“Mio padre, come tante altre persone che hanno passato la guerra, era riservato, raccontava poco – ricorda Jane Tayar – Quel poco che mi ha sempre impressionato è quando Bista, il capofamiglia dei Nepi, aveva preparato un rifugio per lui nel bosco dove si nascondeva avvertito dalle figlie dei Nepi. Mi raccontava quando i tedeschi passavano vicino a lui ed erano momenti di grande trepidazione, da bambina mi ha sempre colpito questa cosa e ho solo potuto immaginare come potesse essere una cosa del genere e che mi è rimasta dentro. Da adulti nostro padre ci ha fatto poi conoscere i coniugi Nepi e Stella spesso insieme alle figlie veniva a trovarci a Firenze, con mio padre che è rimasto in contatto con loro fino all’ultimo. Quando mio padre se n’è andato ho ricercato queste persone, cercando le figlie anche in Inghilterra, a Birmingham. Per noi i Nepi sono stata una famiglia, come molte altre, e hanno rappresentato un esempio di coraggio. Si sono distinti in una maniera egregia in quanto a casa loro accoglievano tutti gli sfollati, fino a cinquanta persone. Un momento storico come questo riporta alla memoria in maniera importante il passato. Mio padre aveva 16 anni quando incominciarono le prime leggi razziali: per i giovani di oggi, che a volte sono distratti dalle cose importanti della vita, una testimonianza come questa dà un’identificazione anche per l’età in cui questa è avvenuta”.
“Posso solo riportare quello che i miei nonni hanno saputo trasmetterci, cioè i valori della cultura contadina. Tra questi l’amicizia, era fondamentale all’epoca avere un buon rapporto con il vicinato e tutti quindi si aiutavano. Per la nonna era importantissimo farmi avere questo tipo di valori”. Alla domanda del perché i suoi nonni si fossero spesi in un gesto ammirevole, ma altamente rischioso, la signora Bruna ha risposto che Bista e Stella nel giovane Enzo hanno rivisto il loro figlio. “Mio padre era in guerra e penso che mia nonna, col pensiero per il figlio ormai lontano da tanti anni da casa e che se avesse avuto bisogno qualcuno lo avrebbe aiutato, abbia rivisto in Enzo come un altro figlio, uno di famiglia e i miei nonni lo hanno trattato come tale”.
“I miei genitori mi hanno raccontato quello che hanno vissuto – ricorda Cristina Foxall – Anche mio padre era stato nascosto perché faceva parte dell’esercito britannico e divenne molto amico di Enzo, che sapeva parlare inglese. È una storia di affetto, con due persone normali che sono riuscite a fare qualcosa di straordinario, cambiando le vite di altri”.
“Un incontro che l’amministrazione ha fortemente voluto – spiega il sindaco Silvia Chiassai Martini – Dopo la cerimonia di consegna del riconoscimento di ‘Giusti fra le Nazioni’ alla famiglia Nepi. È stata una grande emozione, e abbiamo sentito la necessità di tramandare questa storia di grande coraggio, un insegnamento fondamentale oggi più che mai. Questa è una lezione di educazione civica, una storia vera, per far capire quanto sia fondamentale e sia possibile anche avere il coraggio di salvare l’altro, anche mettendo a repentaglio la propria vita. Poterla raccontare oggi questa storia di nostri concittadini alle nuove generazioni, penso sia il fine migliore che il libro e questa esperienza di vita ci potesse lasciare per i giovani e tutta la nostra comunità”.